Diritto all’oblio nel mondo: il caso dell’Avvocato George Defteros in Australia

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By Dott.ssa Vincenza Scherillo

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Il diritto all’oblio, ossia il diritto ad essere dimenticati dal web, sta acquisendo una grande risonanza. Infatti, non solo l’Italia vede il continuo intervento dell’Autorità Garante Privacy sul tema della deindicizzazione, di recente anche in Australia Google ha subito una condanna per diffamazione con una sanzione di $ 40.000 di danni per un risultato di ricerca del motore di ricerca. La Società si è, per questo, detta preoccupata delle conseguenze di un verdetto del genere, in quanto potrebbe portare alla completa censura del web.

Il caso di George Defteros

L’avvocato australiano, George Defteros, chiedeva a Google nel 2016 di rimuovere un articolo dai suoi risultati di ricerca. L’articolo contestato dall’avvocato risaliva al 2004 e riportava accuse di omicidio contro il signor Defteros, che furono successivamente ritirate. In seguito, Defteros citava in giudizio Google per diffamazione, dopo che la Società si rifiutava di eliminare l’articolo dal suo motore.

Nel 2020, la Corte Suprema australiana asseriva, in primo luogo, che l’articolo non ledeva la reputazione del signor Defteros. Invero, per il solo fatto che lo stesso rappresentava vari gangsters in tribunale, non stava a significare che questi avesse superato il confine da avvocato professionista.

Gli avvocati di Google sostenevano che la decisione della Suprema Corte potrebbe determinare una completa censura degli articoli dal web, anche quando potrebbe sembrare che la pagina o l’articolo siano di legittimo interesse.

Diritto all’oblio

Questa non è la prima volta che Google riceve tali accuse. Il “diritto all’oblio”, noto anche come “diritto alla cancellazione”, è una norma dell’UE che conferisce ai cittadini il potere di chiedere che i dati personali, ritenuti non rilevanti o obsoleti, vengano cancellati. 

Google, alla fine, ha vinto la causa contro l’organismo di controllo della privacy francese (Commission nationale de l’informatique et des libertés-CNIL). Nel 2015, la CNIL ha ordinato a Google di rimuovere i risultati di ricerca contenenti informazioni dannose o false su una persona. L’agenzia chiedeva che i risultati fossero rimossi per la ricerca su Google in tutto il mondo. La vittoria di Google ha significato in quel caso che la regola doveva applicarsi non a livello globale, ma solo nell’UE.

In questo caso, Google potrebbe avere ragione. Il verdetto di diffamazione australiano potrebbe portare ad una applicazione generalizzata della regola e trovare riconoscimento a livello globale e non solo locale, determinando la rimozione dei contenuti dai risultati di ricerca di tutto il mondo.

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